I Sentieri di questo numero ci portano a scoprire due luoghi meravigliosi. Una casa speciale a Canazei, circondata dalla Dolomiti, che è diventata negli anni un progetto residenziale di montagna e spazio di ospitalità consapevole e gentile dove la voce del bosco, sia reale che metaforica, ha un ruolo molto importante. Grazie agli amici di Mia Majon per avermi raccontato la loro storia e i loro progetti.
C’è poi un libro, Erbario, un ambiente abitato, raccontato e disegnato da Ugo La Pietra, con la postfazione di Giulia Mirandola, edito da Marinoni Books. Questa piccola enciclopedia delle erbe spontanee, scoperta non ricordo più come - alcuni libri si dice siano loro a venirci incontro quando è il momento - è il frutto di una lunga esplorazione dell’autore ai bordi di autostrade e ferrovie, nell’entroterra ligure, sulle colline della Ciociaria, nei prati della Pianura Padana fino alle mulattiere di Filicudi e ai muretti a secco del Salento.
Il cammino di stasera comincia dunque dalla Val di Fassa e attraverso regioni diverse esplora, grazie alle erbe “secondarie”, territori geografici e interiori. Se l’energia della luna piena favorisce il riconoscimento della pienezza nella quale viviamo, la celebrazione dei traguardi e dei doni che nonostante tutto riceviamo, grazie allora perché esistono luoghi dove la gentilezza non è un atteggiamento formale e passivo ma è il segno di una scelta di vita lenta e consapevole, dove la resistenza è una forma di protezione e salvaguardia di tutto ciò che ci circonda, quindi di noi stessi. E grazie alla natura, forma d’arte perfetta, che si amplifica attraverso lo sguardo, il lavoro e l’opera dell’artista.
Buona lettura, buona luna piena.
Maria Claudia
© LoveIsReal Photography | Andrea Giacomelli
Come nasce Mia Majon e da chi è composta?
Mia Majon è una casa di famiglia, costruita da nonno Reinhold e nonna Titi e adesso progetto di Marti, Gaia e Nadia. Ci sono poi anche i guardiani di casa: Igor e Alaric, un gigante e morbidissimo maremmano. È stato un b&b tradizionale gestito da nonna per decenni, da sempre però con un’identità ed estetica distintiva grazie a nonno, che era artista del legno e scultore. Nel tardo 2019 si è fatto spazio il progetto “giovane” e un nuovo capitolo della casa ha avuto inizio. Dopo gli anni discontinui e frastagliati della pandemia, il progetto e i suoi spazi hanno lentamente e con perseveranza preso forma. Ad oggi, ci piace descriverci come progetto residenziale di montagna e spazio di ospitalità consapevole e gentile. Non ci piace infatti chiamarlo (più) b&b, perchè lo troviamo molto riduttivo: nella nostra majon ospitiamo persone ed esperienze, prepariamo colazioni lente e che narrano tante storie, esploriamo occasioni di incontro e iniziative per condividere la nostra terra, organizziamo eventi artistici-culturali e ci prendiamo cura del corpo e del cuore di chi viene a trovarci. Ci troviamo a Canazei, paese dell’Alta Fassa estremamente e massivamente turistificato, un luogo del cuore e di nostre radici ancestrali, ma anche di sfide e sconforti grandi viste le visioni e pratiche di monocoltura turistica - unica e maggioritaria - che ancora alimentano le scelte della comunità e l’economia locale.
Si è da poco concluso uno dei vostri eventi “Feste imboscate x Boschi infestati” in occasione della festa della Candelora, il ritorno alla luce celebrato in diverse tradizioni. Raccontatemi meglio di queste giornate che seguono i cicli stagionali, di cosa si tratta e chi può partecipare?
Feste imboscate x Boschi infestati è un ciclo di eventi e celebrazioni stagionali che abbiamo ideato per ridescrivere significati ed espressioni di sacralità attraverso laboratori, respirazioni, letture, pratiche plurali, banchetti festosi. È un progetto co-creato con Elisa Vettori di libreria due punti a Trento, Luca Vettori di Maquis Le Troupe e Gaia Cigolla, parte della famiglia Mia Majon e strega dello Studio ENERGEA. La rassegna, con il suoaspetto magico e festivo, è nata per caso: partivamo con l’intenzione di creare altre occasioni di incontro insieme, dopo gli eventi condivisi già in estate, e di celebrare un pezzo di bosco che ci sta immensamente a cuore (e che ha commosso anche Elisa e Luca) e mentre mettavamo il progetto a calendario, sono lentamente emerse date che oltre ad essere disponibili per le nostre agende, erano tutte significative e significanti per tante tradizioni. Lo abbiamo preso come un invito e segno mistico e così è nata poi la ricerca e l’idea di esplorare queste giornate insieme, con il bosco, nel bosco e portando i loro significati, sotto diverse prospettive ritualistiche. Può partecipare chiunque desideri prendere parte ad un’opportunità per scoprire alcuni passaggi ciclici e stagionali molto preziosi e pregni di simboli e pratiche, curiosandoli dal punto di vista artistico-culturale, espressivo, conviviale e comunitario e poi somatico. Ci sarà un’altra data singola, domenica 23 marzo, dedicata all’Equinozio di Primavera e poi l’ultimo evento del ciclo, dal 19 al 21 aprile, La Schiusa: un ritiro di 3 giorni multidisciplinare e residenziale sempre a Mia Majon.
Quali altri eventi o progetti organizzate? E qual è lo spirito che vi guida?
Uno degli spiriti guida di Mia Majon (e del nostro bagaglio valoriale) è indubbiamente e non per coincidenza, la ciclicità. Aspetto imprescindibile di come apriamo e facciamo vivere la nostra casa, di come raccontiamo la nostra terra e pilastro centrale nelle fondamenta dello studio ENERGEA. Gaia è infatti educatrice mestruale e ciclica e praticante di somatica della sessualità, oltre che operatrice olistica e ayurvedica. La connessione con le nostre stagioni interiori ed esteriori è quindi il nutrimento principale del nostro lavoro, in ogni sua dimensione. I nostri altri progetti ed eventi sono sempre legati ai vocaboli che abitano il nostro linguaggio: ospitalità gentile e consapevole, esperienza queer e transfemminismo di montagna, viaggio lento e ciclospitalità, riposo politico e cura resistente, attivismo territoriale intersezionale, botanica ed erboristica. Siamo moltitudini ed escono tutte, in base al progetto che stiamo co-creando (la dimensione collaborativa è essenziale per noi) e ai linguaggi che desideriamo includere. Da conversazioni e talks, a workshop ed esperienze laboratoriali, progetti editoriali creativi e di comunicazione fino a uscite immersive e consapevoli sul territorio.
Il “boschetto resistente” è una piccola foresta vicino alla vostra Majon che potrebbe scomparire per far posto a una circonvallazione, cosa fate voi e cosa possiamo fare noi tutte volte che ci troviamo di fronte all’urbanizzazione che invade la natura?
Marti è parte di collettivi territoriali e si occupa da anni di attivismo locale, ma in generale tutto il nostro progetto viene animato dal desiderio di scrivere una narrativa del posto altra e partecipata, attenta e che mette in discussione e denuncia il sistema-turismo che abita le nostre zone e le conseguenti scelte amministrativo-politiche locali. Marti negli anni aveva tentato di formare un gruppo locale in difesa del Boschetto e della vicina piana di Ciasates, con grande difficoltà a trovare compagnia attiva e presente in questo percorso. È così che abbiamo sentito e deciso di far conoscere il Boschetto anche tramite il nostro lavoro e progetto a Mia Majon: prima con pratiche settimanali e uscite proposte alle persone ospiti, poi nelle nostre rassegne di eventi. Per noi era essenziale presentare il Boschetto, abitarlo con i nostri corpi e respiri e accompagnare persone che potessero fare lo stesso, mettendosi in suo ascolto e rifugio. Nel tempo, abbiamo riconosciuto quando sia potente l’occupazione fisica (e artistica) degli spazi e dei beni comuni. Nel corso del tempo, il Boschetto ha visto attraversare camminate manifestanti silenziose (con Michele Losi di Residenza Campsirago), party letterari, lab di cianotipia, pratiche di movimento libero e tanti cuori emozionati. La componente di attivismo comunitario e di azioni politiche dal basso per prendere voce e posizione nell’urbanizzazione nefasta dei luoghi naturali (ma non solo) è necessaria. Con essa però, crediamo non possa mancare l’espressione collettiva, fisica e artistica. Occupare luoghi con i nostri corpi politici, con le nostre danze, con le nostre parole, abbracci, laboratori, musica, esperienze di comunità, gruppi di consapevolezza non sono azioni futili, non determinanti. Sono pratiche dalla potenza grande. Non smuoveranno di certo monti, ma menti. Ci faranno (ri)unire, ancora e ancora.
© LoveIsReal Photography | Andrea Giacomelli
A Mia Majon si producono anche un po’ di cosette grazie ai doni della terra, per esempio?
Oh sì! In estate riceviamo in dono dal nostro caro giardino ribes rosso e nero, rabarbaro e prugne selvatiche, tutto piantato da Reinhold. Coltiviamo poi erbe aromatiche, alcune verdure e piante officinali/fiori nella nostra serra e in alcuni letti di terra, sempre in giardino. Ci facciamo poi marmellate, coulis di frutta, dolci, secchiamo foglie e fiori di alcune piante per l’inverno e per produrre anche oleoliti. Prepariamo lattofermentati sia con verdure dei nostri raccolti che con quelle di piccole coltivazioni bio o locali. Ci piace cucinare e preparare in casa quanti più prodotti possiamo, ma allo stesso tempo ci piace anche collaborare con altre realtà e non abbiamo l'obiettivo di diventare interamente auto-sufficienti. È più gioioso per noi lavorare con realtà vicine e affini per creare una rete di progetti amici che vogliono compensarsi e aiutarsi, piuttosto che chiudersi in bolle individuali (seppur circolari).
Il vostro è un progetto di ospitalità sostenibile, una forma che per fortuna si sta diffondendo sempre di più in diversi luoghi per valorizzarne la natura, le tradizioni locali, e recuperare un contatto più originario con noi stessi e con ciò che ci circonda. A chi consiglieresti di venire a trovarvi?
La nostra casa è per tuttɜ e per noi è fondamentale che questo si sappia. Chiunque qui è al sicuro e viene accoltə. Ci vengono a trovare persone da lontano, da vicino in regione oppure anche dalle valli accanto: Mia Majon è un luogo che chiunque può vivere e conoscere, in diverse modalità e forme. Le persone che più sono felici di conoscerci di solito: sono curiose (tantissimo), amano far(si) domande e ascoltare, sono disposte a provare scomodità nello scoprire l’essenza dei territori e non si spaventano davanti alle sue difficoltà sistemiche e strutturali. Sono consapevoli che le loro scelte ne determinano molte altre e sono aperte, volenterose a scoprire come possono abitare un luogo, entrarci in contatto e come possono essere per esso nutrimento. Bastano un cuore aperto, gli occhi curiosi, le orecchie attente, apprezzare storie e cibo sincero. Ah, e devono piacere le montagne o aver desiderio di conoscerle. Soprattutto quelle meno battute, con i sentieri meno noti e i boschi più magici.
“Erbacce della mia fantasia”
Appunti dalla lettura di Erbario di Ugo La Pietra
Una cover di tela e i pochi delicati colori con cui è stampato rendono già dal progetto grafico Erbario un libro speciale: l’artista e architetto Ugo La Pietra si è divertito a inventare il suo personalissimo erbario con una selezione di piante, ispirate ai suoi vagabondaggi per terre liguri, padane, ciociare e altre, associando, in una sorta di gioco poetico, una storia di famiglia, un ricordo, un profumo o un sentimento. Tra le prime erbe che incontriamo la Tripestra notturna, si immagina per molto tempo ignorata, inizia ad essere raccolta per mancanza di cibo lungo i corsi d’acqua friulani dopo l’ultima guerra: le sue radici grattugiate venivano usate come condimento. Spostandoci nella bassa padana incontriamo invece la Neretta, le cui bacche, sempre per scarsità di cibo, venivano combinate con la cipolla nelle zuppe. L’Elevita intrecciata, appare nel 1984 mentre l’architetto stava realizzando l’ampliamento dell’Orto Botanico di Palermo (progetto realizzato davvero): se ci troviamo lì, cerchiamo quest’erba, pare che cresca ancora con le sue grandi foglie attraversate da una sottile trama intrecciata.
Ci sorprende poi la Spafelma, un particolare genere di felce scoperta nella sue lunghe camminate sull’isola di Filicudi (il cui nome deriva proprio dall’abbondanza delle felci sulle sue pendici), usata un tempo dalle donne isolane per cucinare un piatto semplice dal sapore di mare: lasciavano bollire alcuni sassi raccolti lungo la riva e ricoperti da una sottile vegetazione marina, e dopo aver buttato la pasta vi aggiungevano qualche foglia di spafelma per rendere il tutto molto saporito. Che immaginazione il nostro autore!
Ancora, il Cactus crespato, con una chioma folta e rigida, ricoperta da piccolissimi aculei, proposta oggi come pianta decorativa, si scoprì nella seconda metà del Novecento che ogni cinque anni fiorisce di un unico fiore, che si apre di notte e si chiude con la luce del sole. Il suo profumo intenso, dolce, grasso, pieno di note piccanti è quello che emanava una ragazza incontrata da La Pietra durante un viaggio in treno, mentre i pizzocotti che il fratello Gianfranco spesso gli dava erano le “fuzzette” in cui risuona l’eco della Fuzzetta tenera una pianta che molti giardinieri usano per arricchire gli aiuole. Lungo i canali della Bassa Padana troviamo la Rastella ingioiellata che già dal nome evoca bellezza e ricercatezza, con i suoi fiorellini violetti di cui esiste la versione di vetro realizzata da un noto maestro vetraio veneziano per impreziosire collane e bicchierini.
Tra le piante di borragine, sulle alture della Ciociaria, si trova invece la Barberia, una pianta selvatica dai fiori simili a carciofi riuniti in un bel mazzo, i cui fiori pelosi ricordano il colore dei baffi del nonno di La Pietra che col tempo avevano preso la sfumatura del tabacco…
Potrei andare avanti ma vi toglierei il piacere di queste descrizioni-racconti, in cui l’invenzione e la realtà si intrecciano insieme ai disegni dove l’erba è rappresentata in tutte le sue parti, sopra, di lato e sotto (ci pensiamo mai a com’è la piante sotto terra?).
Le ventun piante dell’Erbario ci fanno entrare nei ricordi e nell’esperienze dell’artista, così che accanto a foglie, fiori e radici vediamo altre immagini di luoghi, persone, episodi particolari che legano la vegetazione alle regioni, della fantasia e della terra. Molte erbe poi sono personaggi femminili: la zia di Mario e Aurelio per esempio è la rastella ingioiellata e le donne di Filicudi sono tutte la spafelma. Ad un certo punto dell’opera inizia poi una sequenza fotografica di quelli che Ugo La Pietra chiama “libri aperti”, libri incisi in ceramica ingobbiata, tracce concrete e profonde della sua ricerca tra le erbe.
Un libro particolare, che mischia i generi, confonde i piani della realtà, stimola l’immaginazione e suggerisce domande interessanti: che erba inventeresti tu? A chi somiglierebbe? Lungo quale cammino l’hai trovata? Avanti, prova a giocare!
Braccia Rubate torna con la luna nuova del 28 febbraio, insieme a Barbara. Se vuoi raccontarci la tua casa speciale, il tuo luogo di resistenza gentile o il tuo erbario inventato, scrivici, ti aspettiamo: bracciarubatenewsletter@gmail.com
Maria Claudia