Due giorni dopo il solstizio d’estate possiamo ammirare la Luna delle fragole, che deve il suo nome non tanto alla sfumatura rossa e rosa di cui in effetti potrebbe tingersi all’alba e al tramonto, quanto alla corrispondenza del periodo di raccolta del frutto in alcune zone dell’America. In Europa invece viene chiamata anche Luna di miele secondo l’abitudine antica, talvolta ancora viva, di sposarsi proprio a giugno.
Sotto questo plenilunio scopriamo due libri recenti dedicati alle piante: alle foreste in particolare, dalla preistoria al futuro, con Il groviglio verde del biologo e divulgatore Danilo Zagaria - ringraziamo add editore per la pubblicazione di un estratto - e all’amore tra i fiori, gli alberi e gli insetti che li corteggiano con Come si amano le piante della scrittrice e illustratrice Joanne Anton, tradotto da Lara Cavalli per Wudz edizioni.
Due sentieri diversi ma legati fra loro che celebrano la complessità e la bellezza del mondo naturale.
Danilo Zagaria, che avevamo ospitato già nel numero quartantrè di Sentieri, Sul mare, affronta nel suo nuovo libro il tema delle foreste, dal Mesozoico alla fantascienza, mostrandoci tutti gli aspetti ricchi e intricati di questo strato verde che consente la vita sulla Terra e che ha plasmato la superficie del pianeta trasformando la nuda roccia in terreno fertile.
Le foreste non sono un semplice agglomerato di alberi ma una grande rete naturale in costante connessione, attraverso cui si scambiano sostanze e si ridefiniscono gli ecosistemi. Gli alberi sono davvero vivi, e non sono soltanto lo sfondo di passeggiate ed escursioni ma, sottolinea Zagaria, devono fare i conti anche loro con la crisi climatica in atto e noi dobbiamo essere pronti a un cambiamento repentino del groviglio verde.
Foresete che cambiano
«Immaginare le foreste non è facile. I nostri occhi umani sono allenati a riconoscere al volo gli altri animali, soprattutto se rappresentano un pericolo. Spesso siamo miopi davanti ad alberi, piante, arbusti e fiori, nonostante le angiosperme si siano evolute in tante forme bellissime e appariscenti. Lasciamo che siano lo sfondo, il palcoscenico sul quale gli animali possono vivere la loro vita. Potete testare questa invisibilità con una qualsiasi immagine che ritragga un solo animale nel folto della foresta. Pochissimi vedranno le piante, la maggior parte delle persone note, l’animale immortalato al centro di un mondo verde, sia esso uccello, scimmia o farfalla. Eppure le foreste sono fondamentali oggi e lo sono state anche in passato. Sono lo strato verde che consente la vita sulla Terra e che ha plasmato la superficie del pianeta trasformando la nuda roccia in terreno fertile. Sono il punto d’incontro, il tramite che unisce l’energia solare al pianeta. Sono un laboratorio chimico che ha ossigenato l’atmosfera, rimuovendo parte di quell’anidride carbonica che, in concentrazioni elevate, rendeva complicata la vita nelle ere passate. E, infine, le piante in generale costituiscono gran parte della biomassa terrestre.
Noi animali rappresentiamo soltanto un misero 0,3% della biomassa, mentre le piante l’85%. È ovvio che qualunque storia sul nostro pianeta abbia in un modo o nell’altro le piante come protagoniste. Questo pianeta . un mondo verde; il pianeta delle piante. Non . possibile raccontarne una storia senza incappare nei suoi abitanti più numerosi.*
[*Stefano Mancuso, La pianta del mondo, Laterza, 2020. La restante biomassa è rappresentata da batteri, Archaea, protisti e funghi.]
Nel corso di viaggi, escursioni e salti temporali abbiamo fatto i conti con una verità evidente: le foreste cambiano. Sono cambiate in passato, molte volte, stanno cambiando oggi e cambieranno in futuro. Non sono affatto aggregati di esseri immobili, millenari, sempre uguali a sé stessi e poco reattivi. Hanno tempi di reazione ben più lunghi dei nostri, certo, e non possono levare le tende all’improvviso quando il pericolo incombe, come siamo abituati a fare noi animali. Malgrado ciò sono a loro modo reattive, lo abbiamo visto al nord, verso il Circolo Polare Artico, dove gli alberi stanno avanzando a spese della tundra congelata. Probabilmente non saranno abbastanza rapidi e in molti luoghi non riusciranno a contrastare gli effetti della crisi climatica, pertanto è probabile aspettarsi, sul medio e lungo periodo, cambiamenti sostanziali nella demografia delle foreste che coprono la Terra.
Questo dovrebbe farci preoccupare, perché la modifica repentina del groviglio verde potrebbe causare un calo di tutti quei servizi ecosistemici che sfruttiamo per il nostro sostentamento, oltre a un brusco calo della biodiversità. Non solo le foreste sono vitali per il clima terrestre e le sue manifestazioni meteorologiche, ma costituiscono una fonte di cibo, legname, acqua dolce e reddito per milioni di persone nel mondo intero, oltre a essere centrali per innumerevoli culture e religioni. Un ruolo spesso connesso alla sicurezza che forniscono contro alcuni fenomeni naturali potenzialmente letali – alluvioni, inondazioni e dissesto idrogeologico –, e che diventa centrale in alcune aree del pianeta molto esposte e fragili. Le Sundarbans, dove siamo stati durante il nostro primo viaggio, sono un esempio lampante del modo in cui la selva costiera di mangrovie possa costituire una di quelle che i tecnici chiamano nature based solutions, ovvero risorse importanti per contrastare la crisi climatica. Risorse che ci sono già, che possiamo affiancare a quelle artificiali, messe in campo dopo anni di ricerca e sviluppo tecnologico. Le vicende che si svolgono nelle Sundarbans descritte da Salgari, nella selva di Białowieża dove scorrazzano bisonti e le guerre sono state di casa, nelle immense foreste boreali che ricoprono la terra alle latitudini pi. elevate dimostrano anche come sia impossibile separare la storia naturale dalla storia umana. In alcuni luoghi il legame è strettissimo e forma un groviglio davvero inestricabile, mentre in altre si fa più rarefatto, complice l’assenza di insediamenti umani sotto le volte verdi.
Alla realtà spaziale delle foreste si aggiunge così una realtà storica, che spesso va al di l. della comprensione umana e affonda le radici in secoli o millenni fa, per farsi addirittura preistorica, arrivando a decine e centinaia di milioni di anni prima dell’avvento di Homo sapiens. Immaginare foreste significa dunque immergersi nella loro complessità. E di questa complessità sarà bene non dimenticarsi. Adesso è tempo di penetrare all’interno del groviglio verde, per vedere come è fatto, come funziona, come reagisce alle crisi ecologiche e come si comporta quando noi esseri umani proviamo a gestirlo».
da Danilo Zagaria, Il Groviglio verde, add editore, 2024
Lezioni sull’amore, il sesso e il desiderio dal regno vegetale
Le piante sono antichissime eppure lo studio delle loro sessualità è recente ed è in questi territori perlopiù sconosciuti ma decisamente affascinanti che ci porta Joanne Anton, invitandoci a conoscere meglio il regno vegetale e a renderci conto che dietro l’apparente immobilità delle piante ci sono vivaci relazioni amorose: tradimenti, giochi di ruolo, coppie e poliamori!
Per secoli non si sapeva (e non si voleva sapere, tra la presunta inferiorità delle piante sugli animali derivante dal pensiero platonico e l’influenza del pensiero cristiano) nulla di tutto ciò: prima dell’800 non si distingueva neanche tra impollinazione e fecondazione e solo a metà del 1855 si dimostrò la fecondazione tra le piante.
Come si amano le piante, corredato dalle bellissime illustrazioni dell’autrice e completato da un piccolo dizionario botanico e da una sezione di letture consigliate, è un viaggio nel tempo che, partendo dai primi giorni del pianeta Terra, arriva ai cespugli dei nostri giardini, raccontando le relazioni fra le piante e gli “aiutanti” di cui necessitano per la loro sessualità: acqua, animali, vento e fuoco.
Una delle prime storia d’amore è quella di un fungo e di un alga, che hanno dato vita al lichene, un organismo composito, esempio antichissimo di adattamento a molteplici habitat e di supporto reciproco tra i partner.
Muschi e licheni sono le prime piante non vascolari senza radici, dopodiché l’evoluzione ha dato vita a piante con radici, fusto e foglie come le felci, esempio di complessità sessuale, che non producono né semi né fiori e si riproducono tramite le spore portate dal vento; anche il Ginko biloba, una delle piante più antiche e resistenti al mondo, ha bisogno del vento per la propria sessualità.
L’arrivo delle angiosperme, o piante da fiore, ha cambiato il corso dell’evoluzione, espandendosi e costituendo oggi il 90% delle trecentomila specie presenti nel nostro pianeta. Alberi come quercie, frassini e noccioli hanno sia fiori maschili che femminili sulla stessa pianta: a bisessualità dei fiori è una caratteristica che forse non tutti conoscono, mentre i frutti, va da sé, sono il risultato delle sessualità delle piante.
Molti sono gli esempi di coppie e vicende amorose particolari: il pomodoro e il bombo che viene attirato dai suoi fiori gialli, la trappola sessuale delle orchidee, la yucca e la falena, l’amore solitario del ranuncolo acquatico. Vince la varietà, l’ingegnosità e il contributo reciproco tra i partner tanto che dovremmo prendere spunto per il nostro modo di considerare le relazioni.
Come si amano le piante è la storia erotica del mondo botanico che oltre a farci conoscere particolari curiosi, affascinanti e incredibili del mondo vegetale, ci ricorda le infinite possibilità delle esperienze, anche sessuali, e il valore della collaborazione tre le parti.
Maria Claudia
Grazie per aver letto fin qui, ci rivediamo a luglio con il numero speciale prima della pausa estiva. Se vuoi raccontarci la tua foresta del cuore o le tue relazioni non convenzionali scrivici a bracciarubatenewsletter@gmail.com: saremo felici di leggerti.
Arrivo tardi ma che bei consigli! Mi sono segnata tutti i libri! 😍